di Fabrizio Zampieri (Economista)
11/09/2018
In questo secondo semestre 2018 abbiamo visto cali nelle quotazioni dello spread sui titoli di Stato italiani.
Siamo in attesa dell’imminente varo della manovra finanziario del nuovo Governo e di sapere come verrà accolta dai mercati finanziari internazionali.
Rimane il fatto che l’Italia è l’unica grande economia della zona euro che non ha ancora recuperato il livello del Pil che aveva prima della crisi del 2008.
E, secondo quanto dicono i dati ufficiali, molto difficilmente la raggiungerà, almeno nel breve termine.
Fenomeni ormai cronici come l’enorme voragine del debito, l’invecchiamento progressivo e continuo della popolazione.
A cui bisogna aggiungere la bassa competitività nel settore imprenditoriale, difficilmente faranno ripartire la crescita economica.
Anche l’agenzia di rating Moody’s ha rinviato il giudizio sul rating dell’Italia di un paio di mesi sembrerebbe per dar modo all’Esecutivo italiano di presentare il nuovo piano finanziario.
Si aspetta anche di porendere visione delle azioni programmatiche (si vocifera comunque negli ambienti finanziari che il downgrade per l’Italia sarebbe scontato).
Nel frattempo, dopo il recente record negativo di maggio 2018, dal Bollettino Statistico mensile elaborato da Bankitalia abbiamo visto quanto segue.
A giugno 2018 il debito pubblico si è attestato a 2.323,3 miliardi di euro, rispetto ai circa 2.327 miliardi del mese precedente e ai 2.263 miliardi di fine 2017.
Quello registrato a maggio 2018, purtroppo, è il nuovo record storico per il debito italiano.
Secondo i dati della Banca Centrale Europea, le quote di debito italiano detenute da investitori stranieri sono diminuite di 38 miliardi di euro nel mese di giugno.
Si é superato l’altro record di 34 miliardi di euro nel mese precedente. E parliamo di dati ufficiali.
Diminuisce l'ammontare dei titoli di Stato Italiani detenuti da Banche Estere
Un altro dato ci fa molto riflettere, ovvero nel caso dei bond italiani la proprietà netta delle banche italiane è aumenta di 40 miliardi nel secondo trimestre del 2018.
Si tratta di un altro vero e preoccupante record.
Il mercato dei titoli di Stato Italiani in Italia sta diventando praticamente un affare domestico.
Questo vuole dire che i titoli venduti dagli investitori stranieri soprattutto in questi ultimi mesi sono in gran parte ricomprati dalle istituzioni finanziarie italiane.
Ma a loro volta, le banche italiane hanno come garanzia il denaro di risparmiatori e obbligazionisti.
I quali non sanno che in tal caso risponderebbero con i propri capitali e risparmi in caso di dissesti finanziari, grazie alla procedura del bail in.
A questo proposito vedi i casi piu´recenti come Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Pop. Dell’Etruria, CariFerrara, CariChieti, ecc..
Molti titoli di Stato quindi ora dipendono dalle banche.
Se dovesse succedere qualche evento negativo, potrebbero essere anche i conti correnti dei risparmiatori italiani a pagarne le conseguenze.
Potete quindi capire come concetti quali lo spread, che la maggioranza degli italiani ancora non conosce ora rappresentino argomenti di cruciale importanza per i normali cittadini e i piccoli investitori.
Ma, al di là di questa situazione non proprio rosea (confermata da dati ufficiali) relativamente al debito pubblico italiano,appare un'altra minaccia.
Sta per uscire il Decreto n. 96717, del 7 Dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 294 del 18.12.2012,
Attenzione alle nuove emissioni dei titoli di Stato
Con questo decreto, per i nuovi titoli di Stato Italiani, a partire dal 1° gennaio 2013, sono state introdotte le clausole di azione collettiva (CACs).
Si tratta, quindi, di clausole inserite nei prospetti o nei regolamenti dei titoli di Stato di nuova emissione che consentono ad uno Stato in difficoltà finanziarie di ristrutturare il proprio debito.
Ad esempio allungando le scadenze, riducendo i tassi, modificando o cancellando l’importo da rimborsare, o proponendo lo scambio con altre obbligazioni, attraverso una procedura prestabilita.
Un esempio al riguardo è quello della Grecia, che, come qualcuno ricorderà è ricorsa alle clausole di azione collettiva, obbligando di fatto i creditori privati a partecipare alle perdite sul debito ellenico.
In altre parole, l'Italia, in caso di difficoltà finanziarie e addirittura di default, potrebbe non pagare i suoi titoli a chi li detiene.
All’interno del Decreto si parla, quasi elegantemente, di "rinegoziazione del debito" che, in parole povere, significa che si possono prendere i soldi dei risparmiatori.
Anche se non è una certezza, infatti devono prima verificarsi determinate situazioni finanziarie assai negative.
Non è da scordare comunque che il rating sui titoli di Stato italiani è molto vicino a quello dei bond “spazzatura”, BBB, come quelli della Colombia tanto per intenderci.
Come cittadini e privati investitori dovete sapere che da qualche anno per lo Stato è possibile rinegoziare i debiti che ha con milioni di italiani anche senza avere il loro consenso.
Questo decreto è passato in sordina, come spesso accade per importanti decisioni che riguardano la vita degli italiani.
Eper questo motivo molti investitori sono totalmente ignari del rischio che stanno correndo.
Proprio per questi motivi, se fossi un possessore di titoli di Stato italiani, specialmente a tasso fisso, non dormirei certo sonni tranquilli.
Il suggerimento é di attivarsi sin da subito per rivedere i piani finanziari di medio-lungo periodo.