La migliore guida ai paradisi fiscali

Questa guida aggiornata ai paradisi fiscali è la più completa raccolta di testi sui paradisi fiscali, tra cui brani tratti dalle versioni riviste e attualizzate dei best seller - Come Pagare Zero Tasse: i Paradisi Fiscali - e – Come Pagare Zero Tasse. La grande fuga verso i Paradisi Fiscali

La migliore guida ai paradisi fiscali

Questa guida aggiornata ai paradisi fiscali è la più completa raccolta di testi sui paradisi fiscali, tra cui brani tratti dalle versioni riviste e attualizzate dei best seller - Come Pagare Zero Tasse: i Paradisi Fiscali -  e  – Come Pagare Zero Tasse. La grande fuga verso i Paradisi Fiscali.-  pubblicati da Bowker, Lulu.com, Offshore World e Google Books.



Un paradiso fiscale è uno Stato che applica una tassazione agevolata o addirittura zero tasse in modo da rendere conveniente ad una impresa o persona fisica fissare lì al propria sede sociale o residenza.

Spesso i media parlano dei Paradisi Fiscali, quasi sempre negativamente o in notizie legate a multinazionali o personaggi famosi che hanno spostato le proprie attività in un paradiso fiscale.

 In questo mare di “informazioni” non abbiamo trovato risposte a molte domande e per questo, lo studio legale Caporaso & Partners ti propone la più completa guida sui paradisi fiscali, che risponderà a tutte le domande: Cosa sono i paradisi fiscali? Come sono nati i paradisi fiscali? Quali sono i principali paradisi fiscali e in cosa si differenziano? I paradisi fiscali sono legali?

Perché operare o spostare la propria residenza in un paradiso fiscale.

Spostare la propria residenza ed andare a vivere per più di sei mesi all’anno all’estero, magari in un paradiso fiscale, è un pensiero che ricorre spesso nella mente di noi italiani, soprattutto quando ci sentiamo sfiniti da tanta persecuzione fiscale. L´ ideale sarebbe rifugiarsi in un´ isola deserta, dimenticata da Dio e dal fisco. Tutti noi siamo stati tentati, almeno una volta, di fare la grande fuga. Alla fine, per motivi differenti è mancato il coraggio o forse la ragione ha avuto la meglio.

Nel mondo virtuale è ormai facile “viaggiare” online nei paradisi più sperduti, ovviamente anche nei paradisi fiscali. Queste oasi esentasse sono ormai alla portata di tutti, e oggi sono utilizzate anche da piccoli imprenditori per operare un´attività online a Zero Tasse.

Questa guida completa dei paradisi fiscali vi illustrerà in maniera dettagliata il mondo dei paradisi fiscali, un´ industria piccola e misteriosa che gestisce il 60% dei capitali mondiali, anche se l’OCSE ha ammesso che è “solo” il 50%.

La guida dei paradisi fiscali non vi dirà come non pagare le tasse perché sarebbe istigazione all´ evasione fiscale. Quello che vi proponiamo è l’uso dei paradisi fiscali come mezzi legali per poter operare delle attività pagando legalmente 0% di tasse o per pianificare la vostra fiscalità e pagare meno tasse. 

Consultate sempre il legale ed il commercialista di vostra fiducia prima di avventurarvi in operazioni offshore e un avvocato specializzato prima di trasferirvi o operare in un paradiso fiscale.

Bisogna tener presente che per operare offshore è necessario poter dimostrare che i servizi o prodotti da voi offerti sono forniti dall’estero e che l’attività estera non è una simulazione (esterovestizione) e che   produce il suo fatturato all’estero.

consulenza su guida ai paradisi fiscali

I paradisi fiscali sono legali?

Ovviamente si, i paradisi fiscali sono legali, e sono differenti perché sono paesi che, in certe determinate condizioni che variano a seconda delle proprie esigenze, non applicano alcune tasse o nessuna tassa, o perché il paese è ricco e non ne ha bisogno, o per attrarre investitori esteri. Immorale? Anti sociale? Furto ai danni della comunità?

Assolutamente no! Cosa c´è di morale nel tassare gli impiegati e i piccoli imprenditori e defiscalizzare le grandi imprese multinazionali? O tartassare la parte produttiva della popolazione per sostentare chi non lavora (spesso non perché non trova lavoro)? E perché gli italiani devono pagare più tasse dei rumeni o dei ciprioti?

Cosa sono i paradisi fiscali?

I paradisi fiscali sono paesi o territori che per motivi economici offrono facilitazioni fiscali a investitori esteri che operano offshore, le cui legislazioni fiscali sono volutamente lassiste o inesistenti.

Si può parlare di stati che offrono un regime fiscale favorevole, una totale deregulation ai detentori di capitali. Negli ultimi anni quasi tutti i paradisi fiscali hanno varato leggi per proteggere le proprie entità finanziarie dal capitale prodotto del traffico di droga o del terrorismo per cui ci sono regole da seguire, ma siccome siamo sicuri che i nostri lettori non desiderino fare nulla d’illegale, non c’è da preoccuparsi se in alcuni casi non è possibile mantenere totalmente l’anonimato.

Molti paesi hanno adottato legislazioni più severe che comprendono in generale i traffici illeciti (armi, droga, donne, bambini, organi, ecc.), le truffe, ma escludono l´evasione fiscale (sempre che prodotta all´estero).

Una recente ricerca a livello europeo (Euroshore) coordinata dal prof. V. Uckmar ha diviso i 48 paesi analizzati in tre gruppi di "centri finanziari" in base al loro livello di prossimità agli Stati membri dell'Unione Europea:

  1. Paesi che hanno particolari contatti di ordine geografico, politico ed economico con l'Unione Europea (Andorra, Monaco, Bermuda, Malta, San Marino, ecc.)
  2. Economie in transizione, cioè giurisdizioni appartenenti all'ex blocco sovietico (Romania, Moldavia, Albania, Georgia, Croazia, ecc.)
  3. Giurisdizioni offshore esterne all'Unione Europea (Bahamas, Barbados, Macao, Malesia, Panama, Seychelles, ecc.).

Criteri per classificare i paradisi fiscali

Ci sono oggi oltre 200 giurisdizioni che offrono agevolazioni fiscali e alcuni di essi sono paesi ad alta imposizione (tipo gli Stati Uniti), per cui è importante conoscere i criteri per classificare i paradisi fiscali ed i vantaggi offerti da ogni paese per decidere dove e come è meglio operare per trarre vantaggio da uno o più incentivi agli investitori non residenti.

Alcuni di questi paesi sono anche dei veri e propri paradisi per le vacanze. É importante però ricalcare che il Paradiso, in senso assoluto, non esiste. Perlomeno economicamente parlando. Ognuno di questi paesi offre alcuni ben determinati vantaggi, differenti l'uno dall'altro.

 Finanziariamente, i paradisi fiscali si dividono in tre tipi: paradisi per persone fisiche, paradisi per società e paradisi per persone fisiche e giuridiche.

Di grande importanza sono anche i Paesi di Transito Monetario (per esempio, la Repubblica Dominicana) che non possono essere considerati Paradisi Fiscali, che però, grazie a trattati sulla doppia imposizione o leggi speciali, favorisce direttamente l'uso dei rifugi impositivi.

In negativo, merita una considerazione tutta particolare il caso del Regno Unito. L'Inghilterra e soprattutto la City di Londra è considerata da molti come "la madre di tutti i paradisi fiscali." Arnaud Montebourg, parlamentare francese a capo di una commissione sul riciclaggio, ha reso pubblico un dossier in cui si attaccava apertamente il governo britannico per aver "predicato" al mondo la lotta - anche finanziaria- al terrorismo, salvo aver razzolato male per non aver finora ripulito uno dei principali centri del riciclaggio internazionale: la City di Londra.

La crescita della economia virtuale

Brian Arthur del Santa Fè Institute, famoso per gli studi e le ricerche sulle scienze della complessità, sostiene che la digitalizzazione sta creando una economia virtuale così vasta, automatica e invisibile da produrre un cambiamento di portata secolare, paragonabile alla Rivoluzione industriale.

In questo momento l’internet non solo è la migliore opzione per investire ma anche una delle poche che permette di fatturare pagando zero tasse.

Innanzitutto iniziare un’attività per internet non è un investimento esoso, non ci sono affitti da pagare, si può lavorare da casa, dal mare, dalla montagna.

Al ritmo di crescita annua previsto intorno al 2,4%, in due-tre decenni la sua dimensione del mercato virtuale supererà quella dell'economia fisica. In Italia, i dati forniti dal Digital Advisory Group (DAG) indicano che negli ultimi quindici anni l'economia digitale ha contribuito per il 14% alla crescita del Pil, continuando «a svilupparsi a un tasso dieci volte superiore al totale nazionale», senza contare ovviamente l’economia sommersa.

Sicuramente dopo il Coronavirus ci sarà un’impennata nelle attività online. Tuttavia, nella seconda economia gli internauti imprenditori puri, quelli che hanno le loro radici nel Web e fanno business solo attraverso internet, sono ancora pochi in Italia: secondo il DAG, circa il 22% contro «il 78% dell'impatto prodotto dall'utilizzo delle tecnologie digitali riconducibile alle imprese tradizionali».

È facile spargere i semi e far crescere le pianticelle delle start up digitali, specie fino a quando il sistema fiscale italiano ha ancora la struttura configurata sull'economia industriale, con il piano delle imposte e tasse che poggia sul pilastro dei prodotti tangibili, mentre al livello degli incentivi fa affidamento sulle agevolazioni degli input, dal costo del lavoro agli investimenti in beni strumentali e alla ricerca.

Inoltre l’economia virtuale, più che quella dell'economia fisica, permette all’investitore di essere invisibile, quindi operare a zero tasse, sicuro di non essere individuato dal fisco grazie a strutture societarie offshore e ai paradisi fiscali.

Cosa significa offshore e perché si dice andare offshore?

Offshore significa letteralmente fuori dalle acque territoriali o in caso di una operazione finanziaria realizzata fuori dal Paese di residenza (operazione extraterritoriale). 

Si dice andare offshore, ossia in un paradiso fiscale, per proteggere i propri capitali e/o ridurre il carico fiscale. Ogni paese considerato paradiso fiscale offre alcuni limitati vantaggi ai residenti o alle società lì domiciliate. Per esempio, nel Principato di Monaco non si pagano le tasse sui redditi personali, mentre le società sono altamente tassate. Negli Stati Uniti, i cittadini non residenti non pagano tasse su quanto ricevono dall’estero. A Panama non si pagano le tasse sempre e quando la società lì domiciliata non svolga attività nel territorio nazionale.

I paradisi fiscali e l’offshore nascono dagli eccessi di legge o di tasse. Negli USA, durante il proibizionismo, e quando il gioco d’azzardo era vietato, alcuni audaci imprenditori avevano aperto dei Casinò naviganti, e fuori dalle acque territoriali (offshore), piovevano le scommesse tra fiumi di bevande alcoliche.

Erroneamente si pensa che i Paradisi Fiscali siano paesi frequentati solo da grandi finanzieri, politici corrotti, jet set e ultramiliardari che si dedicano a spendere grandi somme per alimentare l'ozio.

Realmente qualsiasi professionista con un fatturato di 30 mila euro all'anno può ottenere grandi vantaggi usando i Paradisi Fiscali. La definizione erronea è stata introdotta per diffamare quei paesi che per favorire la propria economia hanno adottato facilità fiscali per persone o società, specialmente se residenti in un altro paese.

Questo tipo di economia può essere adottata solamente da nazioni con una posizione geografica centrale rispetto al continente o alla regione e con un sistema bancario e di telecomunicazioni molto efficienti.

I grandi gruppi e i grandi evasori usano i paradisi fiscali storici Svizzera, Monaco, Lussemburgo e quelli in voga come gli Emirati Arabi, dai quali vengono creati degli schemi inattaccabili dal fisco perché in essi intervengono una miriade di società estere, sussidiarie, e succursali che sono quasi sempre in perdita e producono fondi neri attraverso società anonime.

Questi paradisi fiscali, che poi andremo ad analizzare in dettaglio più avanti, possono essere considerati come la Formula 1 del mondo offshore, ma anche dalla Formula 2 si possono ottenere gli stessi risultati, ovviamente a minor costo. Oggigiorno un qualsiasi professionista o prestatore di servizi può trovare grandi vantaggi in operazioni o schemi di Ingegneria Fiscale. E a un costo veramente basso.

 Cos'è l'ingegneria fiscale?

La ingegneria fiscale è una tecnica che permette di ottenere il massimo vantaggio dalla ottimizzazione di tutte le possibili opzioni legali relative al pagamento delle imposte in paesi differenti. Ma andiamo per gradi e iniziamo da cos'è l'elusione fiscale che non è sinonimo di evasione fiscale (tax avoidance versus tax evasion).

L'elusione fiscale è un ingranaggio chiave della pianificazione fiscale che è l'utilizzo di tutti i ricorsi legali per ottenere un carico fiscale ridotto o la sua dilatazione nel tempo. 

Invece l'evasione fiscale è il sottrarsi al controllo fiscale e quindi non pagare le tasse. Quest'ultima è un delitto che esiste fin dall'antichità, ancora quando il tributo o tassa era versato dal vassallo al signore come atto di sottomissione.

Differente è invece la escapologia, neologismo creato di recente da presunti esperti fiscali che dovrebbe dare la idea di poter evitare i pagamenti fiscali mediante trucchetti e furbizie che possono risultare in multe e carcere.

Per cui i paradisi fiscali e i paesi a bassa imposizione o bassa fiscalità esistono perché ci sono paesi ad alta tassazione. Per non incorrere nell'evasione delle imposte, che è un delitto, bisogna rivolgersi a specialisti della materia.

Se nell'ambito nazionale c'è stato un gran proliferare di contabili e dottori commercialisti impegnati ad interpretare le leggi e disposizioni fiscali, a livello internazionale sono nati gli ingegneri fiscali (IF). Questi artisti dell'elusione sono capaci, con operazioni di ingegneria contributiva, di trovare le migliori condizioni impositive per i propri clienti, nella legalità o sul filo di essa.

Si chiama Ingegneria Fiscale perché, come nella costruzione, si deve fare un progetto e costruire. Il progetto riguarda lo schema per l'elusione fiscale, tenendo conto di tutti e di ognuno dei vantaggi che può offrire un Paradiso Fiscale in combinazione con altri paradisi e/o con Paesi a Bassa Imposizione Fiscale.

Poi bisogna costruire una strategia per eliminare o ridurre il carico fiscale facendo uso di leggi e trattati che favoriscono una o l'altra attività. Per esempio, un Paradiso Fiscale per uno scrittore (EIRE), non lo è per un investitore del settore turistico (Marocco, Panama, ecc.). Il lavoro degli IF diventa sempre più importante nella giungla fiscale e tenendo conto che il costo o volume impositivo sono oggigiorno un fattore essenziale nella strategia di una qualsiasi attività.

Per mettere in marcia un progetto di ingegneria fiscale è necessario che l'operatore conosca tutte le leggi e ognuno dei vantaggi offerti da questo o quel paese, in modo tale da poter compiere con l'obiettivo attraverso triangolazioni e azioni di elusione impositiva, per evitare il reato di evasione fiscale.

Fin dai tempi della Rivoluzione Francese i ricchi hanno trasferito i loro beni all'estero, per proteggere il proprio patrimonio ed eludere il pagamento delle tasse. Mentre la "evasione fiscale" è illegale, la "elusione delle imposte" non lo é: questo fa la differenza.

Come operare offshore stando in Italia

A questo punto vi domanderete: come faccio a operare offshore se vivo in Italia, un paese ad alta imposizione fiscale?

Facile: operando da un paradiso fiscale, offshore, tu non esisti! Le nostre società sono totalmente anonime e il beneficiario non può essere identificato, ovviamente, a meno che non commetta dei gravi reati.

La cosa importante da capire è che la pianificazione fiscale deve essere fatta prima di iniziare un´attività, e ancora meglio, all´inizio della vita lavorativa e prima di un eventuale matrimonio (basta leggere le statistiche per convincersene). Gli scopi principali sono due:

  1. Massimizzare i profitti pagando il minimo di tasse.
  2. Proteggere il proprio patrimonio.

Delineate le proprie mete a breve termine, bisogna costruire una struttura offshore funzionale a questi scopi. I costi sono relativamente bassi tenuto conto che non farlo può costare molto caro. Purtroppo il terrorismo ideologico che cerca di dipingere i paradisi fiscali come antri di malfattori e pirati del secolo XXI fa giungere ai rifugi offshore quasi solo chi deve salvare il salvabile.

Come scegliere il proprio paradiso fiscale?

I fattori più importanti per scegliere il proprio paradiso fiscale sono la stabilità politica ed economica, buone comunicazioni (telefono, internet, poste, ecc.) ed in alcuni casi la posizione geografica. Altri fattori importanti sono il sistema monetario (cambio, moneta, inflazione, ecc.) e quello bancario. Oggi, con le nuove norme antievasione adottate dai paesi europei, non è così facile scegliere il proprio paradiso perché un paese può essere interessante per il sistema fiscale e societario e può non esserlo per il sistema bancario, e viceversa.  Sempre di più è necessario rivolgersi a professionisti che quotidianamente analizzano leggi, accordi, regolamenti che tendono a rendere sempre più difficili le operazioni offshore.

Molti si domanderanno: ma vale veramente la pena, la spesa e le difficoltà per operare da un paradiso fiscale?

Io rispondo sempre che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.

I governi dei paesi ad alta imposizione si sono resi conto che non possono, in un mondo globalizzato, non permettere a un paese, che ha una fiscalità ridotta, di vendere servizi o prodotti. Per questo, poiché controllano i movimenti di capitali e le grandi banche, hanno fatto leva sul sistema finanziario dei cosiddetti paradisi fiscali e hanno obbligato questi paesi a firmare trattati per lo scambio d’informazioni.

I paradisi fiscali sono finiti?

No, i paradisi fiscali non sono finiti, al contrario, sono più che mai efficienti, ma per poter accedere ai loro servizi si richiede una competenza più sofisticata e specifica di quella che si necessitava fino a 10 anni fa. Un tempo si andava nelle giurisdizioni offshore e ci offrivano i loro “prodotti” come privacy, società, conto bancario, carte di credito, ecc. Adesso invece bisogna sapere come muoversi, e dobbiamo, come in un puzzle, prendere la società in un paradiso fiscale, i direttori in un altro, il conto bancario in un altro ancora e così via.

Per scegliere il tuo paradiso fiscale o struttura offshore con cui operare è necessario stabilire da subito se sei interessato a risiedere lì o solo operare virtualmente.

Se vivi in Italia e hai milioni di euro da proteggere ti conviene forse prendere la residenza a Monaco. Ma se non hai tutti questi soldi e vuoi proteggere i sudati risparmi che ammontano a poche decine di migliaia di euro, dovresti trovare una terra più ospitale come Panama e a Monaco, magari, potresti passare un fine settimana.

Come in tutte le cose, è una mera questione di prezzo. In generale i paradisi fiscali sono interessati a muovere i grandi capitali, per cui se non fai parte di questa categoria dovrai trovare la tua nicchia.

Quando ti decidi a fare il passo offshore, tieni presente che più lontano da casa è e maggiori sono i vantaggi. Noi segnaliamo di preferenza le società panamensi per il basso costo, la facilità di amministrazione (in pratica non ci sono requisiti) e perché dal 1932 Panama offre la migliore e la più stabile legge offshore, anche se la più vecchia è quella del Delaware che risale al 1899 e dove sono incorporate il 50% delle aziende quotate in borsa negli Stati Uniti e il 60% delle Fortune 500. Ma, nonostante le società del Delaware paradiso fiscale non appaiano in nessuna lista nera, in pratica è più facile lavorare con una società offshore di Panama.

Cosa non si può fare da un paradiso fiscale

In genere un paradiso fiscale offre certi vantaggi fiscali, questi si ottengono operando un’attività con i due principali strumenti offshore: una società estera incorporata in un paradiso fiscale e un conto bancario offshore, oltre alla residenza nel paradiso fiscale dell’azienda e possibilmente del beneficiario.

Questi strumenti non devono essere forzosamente dello stesso paese, anzi, spesso si ottengono migliori vantaggi, in relazione alla privacy, quando questi strumenti sono domiciliati in paradisi fiscali differenti. Per esempio si può operare con la residenza personale a Panama, la società costituita in Belize e il conto bancario offshore a Portorico.

Questo breve capitolo è per quelli che pensano che acquistando una società o aprendo un conto bancario offshore in un paradiso fiscale si ottiene una sorta di patente corsara che permette fare di tutto.

Con una struttura creata in un paradiso fiscale non si possono fare miracoli e una società offshore non è una specie di bandiera pirata che vi permette di svolgere attività al di fuori dalla legge.  Avere una società offshore non significa che potete operare in Italia senza pagare le tasse. La base dello schema offshore è operare dall'estero, da paesi dove non applicano tassazione su quel tipo di attività che voi desiderate intraprendere, quindi effettuare il lavoro all'estero e farselo pagare all'estero.

E’ un buon affare aprire in Italia una succursale di una società offshore?

Se per esempio aprite una succursale di una società offshore in Italia, si perdono tutti i vantaggi fiscali. Rimane il vantaggio dell'occultamento della proprietà e non si pagheranno tasse in caso di vendita dell'attività o di successione.

Nel commercio (compra - vendita di merci) l'uso di una società offshore è molto limitato per abbattere le imposte, rimangono però gli altri vantaggi di cui parleremo nel capitolo sulle società offshore.

 Per ridurre le imposte in questo tipo di attività bisognerà usare società di paesi europei a bassa tassazione. Con le società europee e l'uso di un offshore si può ridurre la tassazione a un 5 per cento. In ogni caso bisogna considerare i costi di manutenzione e contabilità, quindi la fattibilità dipende dal fatturato.

L'offshore va utilizzato per la pianificazione fiscale e difficilmente è utilizzabile per il salvataggio fiscale, quindi è importante pianificare gli affari sin dall’inizio.  Esistono attività che facilmente possono essere create ed amministrate offshore come: disegno web, giornalismo, fotografia, video, chat online, casinò virtuali, consulenze, ecc. Altre che evidentemente devono essere svolte in loco non possono usufruire pienamente (tasse zero) dei vantaggi dell'offshore, come ad esempio: medici, agricoltori, commercianti, edili, costruttori, ecc.

Con una buona pianificazione fiscale preventiva, le attività che non possono essere gestite offshore, potranno però usufruire di servizi allo scopo di ridurre l'imponibile: corsi di formazione professionale, consulenze, marketing, pubblicità, ecc. A volte basta scaricare una piccola fattura per non passare da uno scaglione d'imposta a un altro.

Come operare da un paradiso fiscale

I paradisi fiscali mettono a disposizione la struttura per poter operare offshore e pagare meno tasse o zero tasse, o semplicemente per proteggere i propri beni o capitali.

Ma quali sono gli strumenti necessari per operare da un paradiso fiscale?

La struttura si compone da:

    1. Residenza del beneficiario e in alcuni casi anche la nazionalità;
    2. Società offshore. Può essere una società singola, una serie di società o una holding.
    3. Una fondazione privata che funge da forziere e dove proteggerai i tuoi risparmi e creerai il tuo assetto ereditario.
    4. Uno o più conti bancari offshore, Questi possono essere collegati ad una passerella di pagamento e offrire o no carte di debito o credito.
    5. Uno o più conti in portafogli elettronici, EMI, exchange e wallet di criptomonete.

Come vedi gli strumenti non sono poi molti, ma come abbinarli? Al momento della scelta dello schema offshore con cui andrai ad operare è importate che tu prenda la giusta decisione perché in internet troverai una quantità tale di informazioni e fake news o verità parziali che confonderebbero a chiunque e taroccari, escapologi, esperti dell’ultima ora e venditori agguerriti che ti proporranno la loro verità come la scoperta dell’acqua calda.

strumenti necessari per operare da un paradiso fiscale

Breve storia dei paradisi fiscali

1800 – Nel 1800 i paradisi fiscali non erano che dei porti dove potevano trovare rifugio (haven) le navi dei grandi imperi europei, al riparo dalla intemperie e dai pirati. Quest’epoca corrisponde ad una prima fase di attribuzione della bandiera di nazionalità britannica o francese alle isole dei Carabi che si trovano al largo dell’America Latina.  Da qui viene la dizione inglese tax haven (rifugio fiscale) e non tax heaven (paradiso fiscale).

1920-1930 – Incominciano ad apparire dei nuovi territori che si specializzano nella formulazione di legislazioni destinate a sottrarre i patrimoni alla imposte: Bahamas, Svizzera, Lussemburgo.

Dopo il 1945 – La Seconda guerra mondiale è stata decisiva per lo sviluppo dei paradisi. I territori sotto il dominio europeo non ricevono dopo la guerra gli aiuti economici sperati e vengono tagliati fuori dal piano Marshall. Alcuni territori così, invece di continuare a produrre materie prime che non garantiscono più la stabilità economica, si specializzano nell’accoglienza di flotte cui forniscono una bandiera ombra, e nell’offrire ai detentori di capitali un asilo sicuro istituendo il segreto bancario e l’assenza di tassazione.

1960-1970 – Un nuovo trampolino di lancio per l’attività dei paradisi fiscali è fornito dall’emergere del mercato degli eurodollari negli anni 60 e dei petrodollari negli anni 70. Le grandi banche, le grandi imprese e la City di Londra, che attira tutte le grandi società finanziarie, appoggiano lo sviluppo di queste strutture, avendo tutte da guadagnare nel poter disporre di zone con debolissima imposizione fiscale. Alle Bahamas, Svizzera e Lussemburgo si aggiungono, in questo periodo il Liechtenstein, le Isole del Canale, le Isole Cayman, Bermuda, Panama.

1970-2000 – Nel corso degli ultimi trent’anni, proprio grazie alla liberalizzazione finanziaria che ha incoraggiato l’assenza di controllo sui movimenti di capitale su scala internazionale, il numero dei paradisi fiscali cresce vertiginosamente. I movimenti di capitale sia di origine legale trovano nei paradisi un singolare luogo di convergenza, e questo favorisce soprattutto la criminalità che ha tempo e modo di ripulire le proprie ricchezze, riacquistando verginità ed onorabilità.

2001-2006 – Si è vista una lotta senza tregua ai paradisi fiscali da parte delle nazioni industrializzate, attraverso leggi e decreti che in teoria dovrebbero contrarrestare l´uso degli stessi come rifugio per l´evasione delle imposte. In pratica la repressione e l´aumento delle imposte hanno creato una curiosità diffusa sul fenomeno paradisi fiscali ed un aumento della richiesta di servizi esentasse o a bassa imposizione.

2007-2020 – I paradisi fiscali si sono specializzati e i pochi rimasti offrono sempre più servizi, spesso utilizzando strutture e buchi legislativi dei paesi ad alta tassazione. I G20 hanno minacciato di farli sparire nel Summit Economico del 2009, ma le minacce sono rimaste senza alcun esito.

 L’attività dei paradisi fiscali è oggi caratterizzata da un giro d’affari stimato in oltre 1800 miliardi di dollari l’anno. Solo negli ultimi 5 anni, i giganti del web hanno schivato 74 miliardi di tasse grazie ai paradisi fiscali. La storia dei paradisi fiscali rivela come le potenze industriali siano state fin dall’origine implicate nella creazione di queste oasi. I paradisi hanno contribuito e contribuiscono alla fortuna delle potenze finanziarie. L’OCSE ha confermato che oltre il 50% del commercio mondiale passa per un paradiso fiscale.

Volume di Affari dei paradisi fiscali

  1. Giro d'affari dei paradisi: circa 1.800 miliardi di dollari annui
  2. Società offshore: oltre 800.000
  3. Trust: circa 1.200.000
  4. Banche con filiali nei paradisi fiscali: circa 10.000
  5. Si stima che nei paradisi fiscali vi siano 142 miliardi (l’8,1% del Pil), nascosti dagli italiani, seguiti in ordine crescente da Spagna, Croazia e Francia, Germania, Belgio e Cipro.
  6. La ricchezza globale nei paradisi fiscali viene stimata dal rapporto della Commissione europea in 7,5 trilioni di euro, ovvero il 10,4% del Pil mondiale, in 8,3 trilioni di dollari dall'economista Gabriel Zucman e in 10,3 trilioni del rapporto Boston Consulting Group.
  7. I paesi non OCSE detenevano nei paradisi fiscali uno stimato di 1,1 trilioni di dollari nel 2001 e dovrebbe passare la barriera dei 5 trilioni di dollari nel 2020

Gli italiani e i paradisi fiscali: causa e effetto

Secondo stime recenti, in Italia 6 cittadini su 10 evadono il fisco:

  • Il 50% delle aziende al Nord-Ovest non è considerato in regola dall’ufficio delle entrate;
  • Il 60,6% al Centro;
  • Il 61,2% nel Nord-Est;
  • Il 63,6% in Sicilia e Sardegna;
  • Il 76% al Sud.

Questo è però lo specchio di un paese alla disperazione, dove l’evasione fiscale è una necessità e i paradisi fiscali un gestore di strumenti.

Sette italiani su dieci sognano di vivere negli USA dove si pensa al fisco una volta l’anno, ma che è anche il maggiore paradiso fiscale al mondo.

Tre italiani su 10 temono addirittura di poter perdere la propria casa, e già si parla di “stress fiscale”. I cittadini recentemente nati, si stiamo parlando dei bebè, si stima che dalla nascita allo spegnimento della prima candelina versino allo Stato ben 1280 euro di Iva!

Oltre il 60% delle aziende italiane evadono il fisco e molte si sono rifugiate in paradisi fiscali.

Nei primi sei mesi del 2019 l‘imponibile evaso in Italia è cresciuto del 3,8% con punte record nel nord dove ha raggiunto il 5,1%. Circa 181,4 miliardi di euro di evasione l’anno.

Quest’anno, grazie al Coronavirus e al Governo italiano, ci sarà poco da evadere, ma sicuramente quel poco che è entrato nelle tasche dei professionisti, delle piccole e medie imprese non verrà versato al fisco.

I media sparano i dati in prima pagina, ma il perché di questa evasione diffusa, nessuno se lo chiede? La risposta è ovvia: si pagano troppe tasse!

Inoltre, se consideriamo i tassi d’irregolarità, i dati confermano un ruolo rilevante per l’input irregolare nelle dinamiche del mercato del lavoro italiano, che sembra caratterizzarsi come una sorta di buffer stock nella fase precedente l’aggiustamento dell’occupazione regolare.

 Rispetto all’evasione IVA, l’aciclicità della quota di base imponibile IVA evasa lascia intravedere comportamenti strategici tesi a rendere smooth le uscite erariali o la ricchezza prodotta, determinati da scelte ottimizzanti proiettate sul più lungo periodo. L’evasione sembra determinata da un target in termini di quote d’imposte pagate o di reddito, che è perseguito nonostante le fluttuazioni di produzione e reddito.

Il secondo aspetto rilevante deriva dall’andamento di lungo periodo delle stime disponibili, che sembrano testimoniare come “innovazioni” istituzionali, siano esse riforme normative o innovazioni organizzative, abbiano comunque un potenziale d’impatto di lungo periodo sul fenomeno dell’economia sommersa e dell’evasione.

Per ultimo, i dati di denuncia dell’evasione fiscale forniti dal Governo, Agenzie e “Istituti” filogovernativi, devono essere interpretati comunque con cautela per due importanti aspetti che riguardano i dati utilizzati:

  • La precisione delle osservazioni economiche (stiamo analizzando dati che comunque sono stime di variabili non osservabili per definizione);
  • I dati sono serie storiche, quindi realizzazioni aggregate piuttosto che comportamenti osservabili o dettati da una precisa teoria”.

E in Italia i primi a evadere le tasse in Italia sono i politici.

L’evasione fiscale è un sistema di autodifesa?

"Evadere non è peccato." L'evasione fiscale "non solo non è rubare", "in Italia potrebbe addirittura essere l'inverso: un'autodifesa per non essere derubati". Così la pensava Don Baget Bozzo. E i primi ad evadere sono proprio i politici italiani, ovviamente, loro, lo fanno alla luce del sole, legalmente. E mentre difendono gli studi di settore per imprese e autonomi, i politici hanno entrate esentasse ma non si ritengono fuori linea.

In Italia ci sono oltre quattrocentomila politici tra eletti, addetti e consulenti e almeno centocinquantamila auto blu per un costo vicino ai 5 miliardi di euro.

Se fosse stato fatto un ISA o “indici sintetici di affidabilità” ci si sarebbe resi conto che le tasse non pagate dai politici sommano oltre 235 milioni di euro. Una bella somma per uno stato indebitato e per il cittadino tartassato.

Ma per loro è tutto legale. Neanche si tratta di elusione, è un vero e proprio furto ai danni della comunità. Chi ha un'azienda o fa una professione libera non paga le tasse a sufficienza, però chi legifera e stabilisce quanto devono pagare gli altri, evade alla luce del sole.

Viene da ridere? No, da piangere!

I Presidenti del Consiglio europei, vogliono lanciare l’ennesima lotta contro i paradisi fiscali, come se i mali dell’economia derivassero dall’evasione fiscale. Oltre 60 anni di malgoverno, cattiva amministrazione, sprechi, ruberie e signoraggio di banche e istituzioni finanziarie non sono, secondo i primi ministri europei i colpevoli della crisi. Cosi, bisogna cercare il nemico esterno: l’evasore fiscale.

Di queste guerre ai paradisi fiscali ne abbiamo viste molte e nessuna ha dato i frutti sperati. Per primo ci provo De Gaulle nel 1962, poi ogni volta che c’è una crisi si è tirato fuori dal cassetto lo spettro dei paradisi fiscali.

Oggi questi signori che hanno permesso negli ultimi decenni il ladrocinio dei partiti e delle banche, parlano di etica nel capitalismo, proprio in un momento in cui il capitalismo è fuori di se, l’etica è quindi emersa come reazione a una economia appunto aliena all’etica. In fondo pero ancora non si è visto nulla di questo rilancio morale e dobbiamo quindi pensare che non si tratta altro che di una opera di marketing. 

I paradisi fiscali Italiani

Anche l’Italia ha i suoi Paradisi Fiscali che sono le regioni a Statuto Speciale, Friuli - Venezia -Giulia, Trentino - Alto Adige, Valle d'Aosta, Sicilia e Sardegna che hanno, a seconda della regione, libri per le scuole dell'obbligo gratis, regime fiscale migliore, bolli auto più bassi, stipendi statali più alti, benzina a prezzo migliore, trasporti a prezzi agevolati, ecc.

Ogni Stato favorisce nel modo più consono le aree considerate meno sviluppate. I G20 però non parlano di sanzioni contro l’Italia, né le altre regioni pensano di sanzionare i regimi agevolati.

E’ notizia di questi mesi che diversi comuni confinanti con regioni a Statuto Speciale abbiano fatto richiesta di essere annessi, “scappando” dalla loro attuale locazione. Ovviamente, le motivazioni sono di carattere prettamente economico: i consistenti, consistentissimi, sgravi fiscali e contributivi dei quali ancora oggi quelle regioni godono.

Addirittura il Piemonte si dice intenzionato a richiedere per se stesso l’attribuzione dello Statuto Speciale. Anche questi comuni fanno parte della cinica Italia degli evasori? O si tratta di autodifesa?

Recentemente mi ha chiamato un cliente preoccupato: “Dottore, nei caselli dell’autostrada vendono un libro, Evasori, di Roberto Ippolito, che la cita in controcopertina”. Ippolito, a pagina 41 e 42 del suo libro parla dettagliatamente dello stato di Antarcticland, facendolo apparire come una sorta di Italia 2, e mi cita, gentilmente, come autore del best seller “Come pagare zero tasse”, definendomi il “Guru europeo degli investimenti offshore”.

 Nello stesso capitolo specifica che da uno studio di Bankitalia appare che i giovani sono favorevoli all’evasione fiscale e specifica, chissà perché, che la propensione a evadere risulta superiore nelle province caratterizzate da più elevati livelli di disoccupazione e criminalità.

Il sociologo dell’economia Carlo Carboni, autore del libro “la società cinica”, ha tracciato l’identikit degli evasori e parla di: “un’Italia in cui alberga l’individualismo amorale”, secondo il quale lo spazio pubblico è visto in funzione di un riconoscimento o di un vantaggio individuale.

 E l’Italia in cerca di scorciatoie, che rifà il verso ai furbetti del quartierino, che cerca di emergere a qualsiasi costo. È l’Italia che non rispetta le regole, l’Italia dell’evasione fiscale diffusa”.

Questa è l’Italia cinica descritta dai nuovi paladini del civismo. Ma per favore! Non avete ancora capito che in Italia c’è disoccupazione, che in Italia non ci sono opportunità per i giovani, che in Italia se non si vuole finire nelle file della criminalità organizzata bisogna cercarsi opportunità all’estero.

E cosi hanno fatto, nel tempo, oltre 800.000 italiani che hanno spostato la loro residenza in paesi dove la pressione fiscale è più mite e le opportunità sono basate sul mercato e non sulla speculazione.

Per ogni cento italiani che risiedono nel nostro Paese, ce ne sono quasi nove che vivono all’estero, emigrati, in maggior parte, per cercare nuove opportunità. La Fondazione Migrantes nel suo ultimo rapporto manifesta che sono poco meno di 5,3 milioni gli iscritti all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), che cioè hanno segnalato allo stato di essere emigrati altrove nel mondo, a questi vanno sommate le migliaia di Nomadi Digitali che vivono un po’ qui e un po’ li.

Le tasse in gran parte servono a pagare il debito e a tappare i buchi di bilancio che i politici, dal dopoguerra, stanno contraendo a nome di ogni italiano, anche del figlio della signora Maria che è solo al settimo mese di gravidanza. Si, infatti i cittadini italiani nascono già indebitati e propensi geneticamente ad indebitarsi sempre di più. Questo non accade pero nei paradisi fiscali, dove, la crisi non si è fatta sentire. A Panamá ben pochi pensano di evadere l’IVA, visto che è solo un 5 per cento.

La iniquità fiscale minaccia il benessere degli italiani

Il diritto a difendersi da una morsa fiscale iniqua dovrebbe essere sancito dalla Costituzione. Negli Stati Uniti la stessa Corte Suprema, nel caso di Gregory vs Helvering (1935) 293 US 465, ha riconosciuto il diritto dei cittadini a pianificare i propri affari in modo da pagare meno tasse.

Ma anche l’Italia si propone come paese ad agevolazione fiscale o mini paradiso fiscale.

“L'attrazione degli investimenti esteri è un fattore indispensabile per lo sviluppo economico e sociale di un paese, oltre ad essere una delle priorità della programmazione economica ed industriale. Gli interventi e le agevolazioni a favore delle imprese possono raggrupparsi in due principali categorie: le agevolazioni finanziarie e le agevolazioni fiscali e contributive.”

Il testo qui sopra sembra tratto dalla pubblicità di un paradiso fiscale, invece è ripreso dal link Investire in Italia del sito del Ministero degli Esteri italiano.

Quindi anche l'Italia è un paradiso fiscale?

Certamente sì, e il Ministero degli Esteri spiega: “Ma l'attrazione di capitali esteri è frutto di un complesso insieme di fattori di natura politica, normativa, legislativa e di risorse sociali, culturali e strumentali. Le imprese straniere possono trovare nel nostro paese, un sistema di condizioni assolutamente favorevoli per investire.

Moltissime sono le opportunità e le possibilità offerte dal panorama agevolativo italiano: si va dai finanziamenti per l'acquisto dei macchinari ed impianti, fino a giungere alle norme che agevolano l'avvio di una nuova attività imprenditoriale, e in questo ambito trova spazio anche una normativa specifica per le imprese femminili. La "legge" segue inoltre l'andamento e gli sviluppi dell'economia e della società in generale.

Ecco quindi una serie di strumenti, fino a pochi anni fa impensabili, che consentono investimenti tecnologici, oppure interventi per la tutela e l'innovazione ambientale, che mirano al potenziamento dei sistemi telematici di comunicazione e marketing, quindi finanziamenti per il commercio elettronico, o leggi che agevolano l'incremento occupazionale, o che consentono l'avvio del processo d’ internazionalizzazione delle imprese.

La normativa che disciplina le agevolazioni si basa attualmente sulla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle imprese. Gli incentivi disponibili derivano da: leggi regionali, leggi nazionali o dalla programmazione comunitaria (fondi strutturali, programmi comunitari, ecc., messi a disposizione dalla Ue ai paesi membri).

Le agevolazioni di tipo fiscale sono considerate delle agevolazioni di tipo indiretto, in quanto non si concretizzano in un contributo diretto, ma attraverso esenzioni o riduzioni del carico fiscale. La riduzione dell'imposta può presentarsi sotto diverse forme:

  • Riduzione diretta della base imponibile;
  • Credito o bonus fiscale che può essere utilizzato per compensare le imposte

Per il nostro governo quindi dare agevolazioni fiscali alle multinazionali o alle industrie straniere (e Italiane) è politicamente giusto. Sbagliato è che il cittadino che paga le tasse e quindi copre gli sconti fiscali agli industriali, cerchi a sua volta alternative per ridurre il carico fiscale. La disciplina Ue parla infatti di agevolazioni alle imprese e non ai consumatori.

“Bisogna aiutare le industrie schiacciate dai colossi asiatici” dicono i nostri politici. Ma in fondo, al cittadino va bene di pagare meno un prodotto cinese o coreano. Ma no, non solo paghiamo più cari i prodotti, non solo paghiamo gli sconti fiscali agli industriali nostrani ed esteri, ma non vogliono neanche che si possa cercare il proprio paradiso.

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